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“La cosa più importante in medicina? Non è tanto la malattia di cui il paziente è affetto, quanto la persona che soffre di quella malattia.”
Ippocrate
Il mio amico Cushing nasce per tutte le persone che come me soffrono di questa malattia , uno spazio nel quale raccontare la propria storia, raccontarsi con calma al di fuori della fretta di un’intervista o dagli schemi rigidi di un questionario. Ognuno di noi ogni giorno racconta qualcosa: raccontiamo noi stessi agli altri, raccontiamo avvenimenti del nostro passato, raccontiamo le nostre aspettative per il futuro. La narrazione dell’esperienza personale dovrebbe avere un ruolo significativo anche nelle relazioni di cura perché quando la sofferenza viene inserita in racconti reali e diventa condivisibile si trasforma in risorsa. Il raccontarsi rappresenta un valido strumento per aiutarci a ricercare parole per dire e riconoscere il nostro vissuto, per costruire nuove connessioni possibili tra malattia e vita quotidiana, trame di senso per riuscire a rivedersi, ricomprendersi, riprogettarsi in una rinnovata versione della propria storia e della propria identità. Si tratta di ricostruire la propria storia personale per giungere a nuove consapevolezze, a rinnovare interpretazioni e comprensioni dell’esperienza che si sta vivendo.
Raccontarsi e raccontare aiuta ad avere una comprensione più ampia della malattia nei suoi aspetti non solo biologici ma anche psicologici, sociali e affettivi. Nella narrazione di Sé emerge infatti la posizione che la persona assume in quel momento specifico chiedendosi in cosa è cambiata rispetto a prima della malattia. Quando la malattia sconvolge la nostra vita e ci costringe a fermarci e ad entrare in intimo contatto con noi stessi è frequente il riferimento a metafore di lotta per convivere con la propria patologia. Accettare ?!? Accettare non significa rassegnarsi a sopportare il proprio dolore ma abbandonare la guerra che abbiamo in atto contro di lui da anni, perché il cercare di contrastarlo non fa altro che alimentare la nostra sofferenza. Chiediamoci da quanto tempo, a causa di questa continua lotta, rimandiamo altre cose che vorremo fare, in attesa di stare meglio. Questa attesa potrebbe durare una vita, se invece prendessimo in mano il presente ora avremo delle risorse in più senza esaurirci esclusivamente in una lotta senza fine, ed anche se inizialmente la mia malattia l’ho combattuta e respinta come fosse il mio peggiore nemico con il passare del tempo ho imparato a con-viverci fino a diventare da ingombrante compagno di viaggio, a presenza continua un “amico” “il mio amico Cushing” con cui ho imparare a convivere.
Anna Rita Grimaldi